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  • Immagine del redattoreRedazione Sisma

Il Generale Inverno, l'epilogo

I russi, però, nonostante vengano puntualmente sconfitti dai tedeschi, infliggono durissime perdite ai nemici, che non erano state assolutamente ipotizzate dai nazisti all’inizio del conflitto.

Ben presto i tedeschi capiscono che la vittoria non sarà raggiungibile nel breve periodo previsto, penetrano per 190 km all’ interno dell’Unione Sovietica ma subiscono una battuta di arresto; nel dicembre del 1941, infatti, entrano in gioco due nuovi fattori: in primis, la Wehrmacht rimane impantanata nella steppa russa, le paludi si allagano e i carri avanzano con difficoltà lasciando così i fianchi scoperti alle continue imboscate dei sovietici; il secondo fattore è, per l’appunto, il Generale Inverno, da fine ottobre a inizio marzo in Russia le temperature sono sotto lo zero, i tedeschi non dispongono di alcun equipaggiamento invernale, in quanto la guerra sarebbe dovuta finire in pochi mesi. La conclusione fu la sconfitta nazista alle porte di Mosca.

Il comando generale del Reich, quando aveva progettato l’operazione, aveva sottovalutato non solo l’efficienza dell’esercito russo, ma anche il numero di effettivi: i tedeschi non erano infatti a conoscenza di un’intera armata sovietica stanziata in siberia, circa due milioni e mezzo di effettivi, abituati alle temperature proibitive della Russia orientale.

A riguardo di ciò scriverà il generale Franz Halder: “Abbiamo sottostimato il colosso russo, le divisioni sovietiche non sono equipaggiate come le nostre e sono impiegate male, ma sono lì e se ne distruggiamo una dozzina semplicemente i russi ne schierano un’altra dozzina, loro sono vicini alle loro risorse, mentre noi ci allontaniamo sempre di più dalle nostre”. Compresa l’impossibilità nel proseguire con la strategia della guerra lampo, Hitler ragiona per settimane sul da farsi, le tre armate tedesche infatti non sono più in grado di attaccare da sole, bisogna concentrare tutti gli uomini in un singolo attacco, le possibili direttive sono tre: Leningrado (oggi san Pietroburgo), Mosca, oppure Stalingrado (oggi Volgograd). I generali tedeschi vorrebbero attaccare Mosca, ma il Führer ha un'altra idea: Stalingrado; la città, infatti, porta il nome del leader dell’Unione sovietica, quindi avrebbe un grande valore simbolico occuparla, ma soprattutto aprirebbe ai tedeschi le porte del Caucaso, che potrebbero così appropriarsi delle grandi risorse petrolifere della zona.

Il 17 luglio 1942 I tedeschi lanciano l’attacco alla città, il piano consiste nel mettere prima in sicurezza il fiume Volga, compito meno importante e affidato agli alleati italiani e rumeni, e poi attaccare con un assalto diretto la città, compito assegnato alle truppe tedesche guidate dal Feldmaresciallo Paulus.

La battaglia però inizia a protrarsi per giorni e poi per settimane, diventa una vera e propria guerra di logoramento, non si tratta di una battaglia tra interi schieramenti, bensì di tante piccole battaglie tra manipoli di soldati, si combatte casa per casa, è anche una battaglia fra cecchini, che si nascondono tra le macerie della città, completamente distrutta dai bombardamenti della Luftwaffe**. Con il passare delle settimane e poi dei mesi i soldati cominciano a comprendere che questa è la battaglia decisiva ai fini della guerra; per meglio capire la situazione si può prendere in esempio l’iconico ordine numero 227, conosciuto anche come ordine “non un passo indietro”, pronunciato da Stalin nel 1942, che appunto ordinava ai suoi soldati di non abbandonare le loro postazioni difensive neanche di un passo.

La battaglia si protrae per ben sei mesi, durante i quali i sovietici causano gravissime perdite ai nazisti tramite le operazioni “Urano” e “Piccolo Saturno”: prima accerchiano 300.000 tedeschi in pieno inverno e poi sfondano le linee difese dagli italiani e dai rumeni, nonostante la tenacissima e inaspettata resistenza dell’ARMIR (armata italiana in Russia). In aggiunta, i tedeschi devono affrontare le gravi difficoltà legate alla logistica e all’inverno che miete innumerevoli vittime, congelando e decimando interi battaglioni.

Il 10 gennaio 1943 inizia l’operazione finale “Anello”, i russi infatti inviarono un ultimatum formale ai tedeschi, accerchiati per evitare ulteriori spargimenti di sangue, ma Hitler diede ordine di non arrendersi. L’ offensiva si svolse dal 10 gennaio al 2 febbraio 1942: le forze tedesche vennero quasi del tutto distrutte, resosi conto della strage, Paulus e i suoi generali decisero di arrendersi, pur disobbedendo a Hitler, per evitare la morte dei restanti soldati accerchiati.

Così si concluse la battaglia più importante della seconda guerra mondiale, che diede il via alla contro offensiva russa sul fronte orientale e infine alla successiva conquista di Berlino nel 1945 che pose fine al secondo conflitto mondiale.

Ancora una volta la Russia dimostra di possedere una grande arma segreta e spesso decisiva… il Generale Inverno.


**Luftwaffe: L’aviazione tedesca


Antonio Salzano

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